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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Spv-Vallugana, la gestione del cantiere finisce in procura

Il caso «della coda chilometrica che ha bloccato l'ingresso in alcune case» provoca la reazione dei residenti che col loro legale e col loro consulente chiedono l'intervento della magistratura: il comune nel mirino per i controlli «troppo timidi»

I disagi patiti dai residenti del cantiere SpV in zona Malo-Vallugana finiscono per l'ennesima volta all'attenzione della magistratura vicentina. Giorgio Destro, legale del foro di Padova che assiste il gruppo di chi abita a ridosso dell'area di lavoro della Superstrada pedemontana veneta, nota appunto come Spv, ieri 11 giugno ha indirizzato un esposto penale agli uffici di borgo Berga: esposto che mette nei guai in primis l'amministrazione maladense.

In estrema sintesi il prologo della vicenda si è dipanato durante gli ultimi mesi. I lavori per la realizzazione del tunnel Malo-Castelgomberto della Spv stanno proseguendo in un contesto di grande difficoltà che obbliga le maestranze a ritmi di lavoro serrati. Da tempo la cosa causa disagi d'ogni genere, dal rumore alle polveri, dalle code sulla strada rionale causata dai mezzi in marcia, fino al brillamento. Si tratta di una situazione così delicata rispetto alla quale la Regione (che è il concedente dell'opera la cui realizzazione è in capo al concessionario Sis) e soprattutto il Comune di Malo erano dovuti intervenire a più riprese. Addirittura l'amministrazione locale aveva dovuto emanare un regolamento ad hoc che pur molto stringente è stato sistematicamente ignorato dalle maestranze: questa almeno è l'accusa dei residenti.

Quando alcuni giorni fa i camion che trasportano il materiale lapideo estratto dal tunnel (in gergo minerario si chiama smarino) hanno creato una coda davanti alle abitazioni di più di un chilometro che in alcune circostanze non avrebbe nemmeno permesso a chi vive in loco di entrare a casa sua, i residenti, «esasperati come non mai», armati di telefonino hanno effettuato una serie di immagini e poi hanno informato l'opinione pubblica con una lettera aperta firmata da Andrea Viero, il portavoce del comitato. Il quale oggi fa sapere: «Ne abbiamo le tasche piene e non dico altro per non essere offensivo anche se ne avrei di ragioni per esserlo. Vogliamo capire coma mai il comune si accontenti di controlli davvero troppo timidi. Questa è l'ennesima goccia che ha fatto traboccare l'ennesimo vaso. Non ne possiamo più dannazione, siamo trattati come paria». Si tratta di una percezione del problema diametralmente opposta da quella della struttura di progetto per la Spv, ossia l'ufficio ad hoc creato dalla Regione Veneto per sovrintendere le sorti della Pedemontana. Per il responsabile dello stesso ufficio, l'ingegnere Elisabetta Pellegrini, i disagi ci sono certamente stati, ma la condotta di Sis è stata comunque rispettosa delle regole. 

Ad ogni buon conto il j'accuse del comitato non si è limitato ad una presa di posizione pubblica. Gli abitanti della zona infatti hanno chiamato al proprio fianco anche il loro consulente tecnico-scientifico (si tratta della dottoressa Marina Lecis nota per avere lavorato su incarico del tribunale patavino) la quale ha proceduto con una serie di rilievi sul campo in forza dei quali l'esperta ha potuto constatare come i valori in termini di rimore siano stati infranti in più occasioni ben oltre la soglia di guardia, strappo concesso al privato in via del tutto eccezionale. Il linguaggio usato da Lecis è tecnico, ma le sue parole non lasciano spazio alla immaginazine: «Si vuole evidenziare che l'area oggetto di monitoraggio risulta in deroga da almeno due anni per quanto riguarda l’impatto acustico con soglia diurna concessa fino a 70 decibel». A quel punto quando i residenti hanno avuto il quadro completo sotto mano hanno segnalato la cosa al loro legale che «è partito in quarta» indirizzando giustappunto ieri all'ufficio del procuratore reggente berico Orietta Canova «un ponderoso esposto» in cui «solo la relazione fonometrica della dottoressa Lecis consta di ben quindici pagine». Ora al di là delle numerose mancevolezze attribuite al comportamento della Sis (che sono per lo più di natura amministrativa anche se una analisi sulla valenza penale delle stesse pertiene solo alla procura), è proprio il comportamento del comune a finire sulla graticola.

Detto alla grossa i residenti chiedono alla magistratura di verificare se l'ente capitanato dal sindaco Paola Lain della Lega abbia sorvegliato a dovere la condotta della Sis e se abbia fatto tutto ciò che è in suo potere per obbligare il privato a rispettare le regole a partire da una ordinanza che lo stesso comune aveva redatto proprio per evitare disagi del genere. Qualora i magistrati infatti dovessero ravvisare da parte dei funzionari municipali una condotta pervicacemente inerte sarebbero obbligati ad aprire un fascicolo quanto meno per reati di omissione che di massima sono sanzionati dall'articolo 328 del codice penale.

«Francamente - fa sapere Destro - certe scene, come quelle dei camion fermi coi motori accesi davanti alle case sono inconcepibili. Io non avrei mai voluto vederle, soprattutto alla luce delle innumerevoli segnalazioni, esposti in primis, che nel tempo sono state indirizzate alle autorità competenti. Ora i residenti, che da anni sono stati precipitati loro malgrado in una situazione di disagio acutissimo, con risvolti persino patologici, è bene che abbiano da di chi di dovere le risposte del caso perché - conclude il legale - non sta scritto da nessuna parte che uno debba essere obbligato a vivere in quel modo, anche quando c'è di mezzo un'opera pubblica. Le leggi ci sono. E continuano a tutelare le persone anche in frangenti come questi. È svilente pensare che quel bellissimo frammento di collina veneta si sia trasformato in una terra di nessuno». I residenti tra l'altro proprio in ragione dei disagi lamentati, hanno ingaggiato con la Sis un contenzioso civile che deve ancora entrare nel vivo.

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