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Il corteo nero e le lunghe ombre: le trame della partita a scacchi

Ultimo capitolo sulla famigerata manifestazione skinheads a Vicenza del '94. Cosa si cela dietro la scelta della data? Uno scenario inquietante

Il 21 maggio, prima della manifestazione della Vicenza democratica organizzata dalla giunta Variati in risposta al corteo skinhead, cinque persone assaltarono la sede dell’Msi-An ferendo un giovane militante missino. Ebbero il tempo di distruggere tutto ciò che trovarono davanti a loro, rompere un braccio e procurare cinque punti di sutura in testa al diciottenne vicentino, senza che nessuno delle forze dell’ordine si accorgesse di ciò che stava succedendo. Quel giorno Vicenza era una città blindata e controllatissima in ogni angolo.

Ogni sede politica era presidiata da una “pantera” o da una “gazzella”, eppure l’unico luogo veramente in pericolo per l’esposizione mediatica avuta fu lasciata in balia degli eventi. Soprattutto perché era risaputa la presenza degli antagonisti dei centri sociali del nord-est. Perché un tale errore di valutazione? Perché la sede politica più esposta fu quella che venne lasciata solo con una “vigilanza mobile”? Non ci furono risposte esaurienti, neanche dopo le interrogazioni dei parlamentari dell’Msi-An. 


Un proiettile a salve

Si, fummo usati. Ogni passaggio è stato un mattone per cercare di creare un muro all’avanzata di Berlusconi e del suo primo governo formato anche dai leghisti e da quei “fascisti” dell’Msi-An. Un muro troppo piccolo però per evitare la fiducia al Senato che avvenne cinque giorni dopo quel corteo.

Dopo 24 anni, i dubbi covati trovano oggi riscontri, spifferi e certezze su ciò che avvenne. Usarono una protesta legittima per creare un caso mediatico e politico. Senza volerlo diventammo una pistola nelle mani di chi ci usò e del nostro “naturale avversario”. Sarebbe troppo facile e sbagliato accreditare solo alla sinistra le responsabilità di ciò che successe in quei giorni. Ciò che si si mosse fu altro, furono dei poteri che, in quegli anni, non era difficile incontrare in un’Italia scavata dal tritolo mafioso e dagli scandali politico-finanziari.  

Era in corso una trasformazione silente, rivoluzionaria per alcuni versi e Vicenza ebbe un ruolo in tutto ciò. Fu un proiettile sparato a salve. Fece molto rumore per nulla

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