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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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Borgo Berga, il Gip archivia l'inchiesta: lo sdegno di Italia nostra

Dopo una querelle durata cinque anni secondo la magistratura berica all'ex Cotorossi non ci furono reati: soddisfatti i privati, ma i comitati promettono battaglia

La settimana passata la notizia della archiviazione della inchiesta sulla presunta lottizzazione abusiva a Borgo Berga aveva fatto il giro dei corridoi a palazzo Trissino dove nei primi anni duemila si diede il via ad una lottizzazione che diede vita a polemiche infinite. Il Gip Massimo Gerace con un provvedimento di due pagine aveva ha decretato l'archiviazione del procedimento penale: i privati e gli indagati avevano accolto con favore la novità. Oggi 26 novembre però le associazioni ambientaliste, che assieme ad altri avevano sollevato il problema, si dicono basite della decisione della magistratura. Denunciano una serie di storture e annunciano che la battaglia legale andrà avanti.

IL PRONUNCIAMENTO
Il 18 novembre Gerace aveva dichiarato l'archiviazione della inchiesta a carico dei privati per lottizzazione abusiva: gli indagati erano Paolo Dosa, Norberto Moser, Gianfranco De Vicari ed Alberto Rubegni. Al centro del loro operato c'era la realizzazione della cittadella giudiziaria nata un decennio fa a Borgo Berga su due lotti, uno dell'ex premier azzurro Silvio Berlusconi, l'altro del Comune di Vicenza. Fra gli indagati figurava anche l'architetto Antonio Bortoli, all'epoca dei fatti direttore del settore urbanistica del comune di Vicenza. Anche nei confronti di quest'ultimo, cui era contestato il reato d'abuso in atti d'ufficio, il Gip ha decretato l'archiviazione. Più nel dettaglio il Gip non ha accolto la istanza di opposizione all'archiviazione che le associazioni avevano messo sul tappeto dopo che la richiesta di archiviazione era stata avanzata dal pubblico ministero (si tratta del procuratore capo Antonino Cappelleri, che da poco si è trasferito alla procura di Padova).

Ma sulla base di quale convincimento? Gerace scrive che a fronte degli atti della inchiesta rimane «incerta la configurazione giuridica del reato di lottizzazione abusiva». E ancora, facendo riferimento alle precedenti richieste di sequestro preventivo, più volte rigettate dal giudice competente sempre Gerace, detto alla grossa, spiega che quei pronunciamenti costituiscono una spada di Damocle per un eventuale prosecuzione in giudizio. Detto in termini ancora più semplificati, visto che i sequestri cautelari delle aree sottoposte a indagine sono sempre stati respinti con motivazioni ben argomentate portare avanti il procedimento avrebbe esposto la giustizia al rischio di istruire un processo superfluo. Questo almeno è il convincimento del magistrato il quale in merito alla ipotesi di lottizzazione abusiva spiega di avere acquisito «irrefutabili elementi di dubbio» per continuare a coltivare l'azione penale anche perché quanto riguarda il rispetto delle norme, le condizioni alla base del piano di lottizzazione (in gergo Piruea) avanzato dai privati, «sono del tutto legittime».

PARLANO GLI INDAGATI
A seguito del pronunciamento del Gip gli indagati avevano accolto con sollievo e con molto favore la notizia. Non più tardi della settimana scorsa alla stampa locale (GdV del 22 novembre in pagina 16) il primo a prendere la parola era stato Paolo Dosa, amministratore delegato di Sviluppo cotorossi, la spa che ha realizzato la lottizzazione. Il quale si era lamentato che da quella inchiesta la società aveva patito «danni incalcolabili». Di più, Dosa parla di soddisfazione per l'esito della inchiesta anche se a gran voce si rammarica del fatto che ci siano voluti ben cinque anni per arrivare a concludere «che le cose stavano come avevamo detto noi all’inizio». Per cui «resta l'amaro in bocca - dichiara ancora il top manager al quotidiano confindustriale - per il tempo perso».

Dosa per vero va oltre e con una vena polemica aggiunge: «Mi sono sempre chiesto una cosa: se per anni una parte dello Stato, e cioè i funzionari del Comune, della Regione, del Genio civile e di tani altri enti perché altri enti pubblici, hanno assicurato che eravamo nel giusto, perchè un'altra parte dello Stato, la magistratura, ha messo tutto in dubbio?». Anche Bortoli non manca di dire la sua: «L'avviso di garanzia - dichiara l'ex dirigente sempre al quotidiano di via Fermi - l'avevo ricevuto quattro anni e mezzo fa. È passato tanto, troppo tempo per arrivare ad una decisione che era scontata. Non ho mai avuto alcuna preoccupazione, se anche mi avessero mandato a processo sarei stato assolto». E ancora Bortoli ritiene che questa vicenda gli «abbia rovinato la vita» confessa al GdV, spiegando che la carrierea invece non gli è stata rovinata da quella inchiesta proprio perché era ormai giunta al termine anche se l'architetto sperava «che non finisse così. Mi fa male - precisa - avere pagato, essere stato condannato, senza che neanche ci sia stato un processo. Ho scontato una pena mai comminata» conclude l'ex dirigente.

LA BATTAGLIA CONTINUA
Tutto finito quindi? Assolutamente no, anzi la battaglia continua spiegano le associazioni che non intendono arretrare di un millimetro. Alla base della loro presa di posizione, esplicitata in una lunga nota diramata oggi da parte di Italia nostra Vicenza e da parte del «Comitato vicentino contro l'abusivismo edilizio», c'è un convincimento preciso. La magistratura ha approfondito solo una parte degli addebiti lasciando al margine addirittura una parte fondamentale delle accuse che erano state messe nero su bianco dai consulenti del pubblico ministero. Detto in altri termini l'azione penale sarebbe stata coltivata in maniera poco incisiva tanto da rendere in qualche modo inevitabile l'archiviazione di questi giorni. Si tratta di una bordata micidiale per la giustizia berica che da anni è costretta a fronteggiare gli strali di una opinione pubblica esasperata dai tira e molla di altri casi eclatanti come l'affaire Zonin e l'affaire Pfas. Sull'affaire Borgo Berga per di più pendono altri esposti in procura, uno dei quali presentato da alcuni parlamentari nel giugno del 2019, «rispetto ai quiali dai magistrati attendiano le azioni dovute» sottolineano i comitati che spieagano che la querelle «è tutt'altro che chiusa».

PAROLE CHE PESANO COME PIETRE
Con l'ordinanza del Gip, alla quale la stampa locale ha dato ampia eco, il magistrato «ha  accolto la richiesta di archiviazione delle indagini presentata dal pubblico ministero, omettendo però di motivare sulle obiezioni esposte dalle associazioni ambientaliste», attaccano ancora gli attivisti. Si tratta di parole che pesano come pietre cui si aggiunge un altro j'accuse: «Restano insondati diversi  eventuali profili penali riguardanti importanti anomalie, come le autorizzazioni paesaggistiche rilasciate da un ufficio privo dei requisiti di legge». Italia nostra nell'esprimere «il suo sdegno» parla anche dei progetti e di un «piano di imposta dei fabbricati, che invece di coincidere con l’originario piano campagna... è stato parametrato al livello... di piazzale Fraccon... con guadagno di due piani e relative altezze».

Ad ogni buon conto la magistratura viene ancora messa sulla graticola quando le associazioni parlano della sicurezza idraulica e degli argini: «Nell'ordinanza si richiamano esclusivamente le argomentazioni  esposte dal Tribunale dl Riesame nel 2017 e confermate poi in Cassazione. Tuttavia, molte questioni rilevate dai consulenti del pubblico ministero, dalla polizia giudiziaria e dall'Anac, come ad esempio, l'innalzamento degli argini a difesa esclusiva dei nuovi edifici, l'aumento del rischio idraulico, la mancanza delle valutazioni ambientali, degli standard a parcheggio, della gara pubblica per le opere di urbanizzazione, non sono mai state oggetto di giudizio né da parte del Tribunale del Riesame né da parte della Cassazione».

Tuttavia il fuoco di fila di Italia nostra prosegue: «Peraltro, diversamente da quanto riportato dalla stampa locale, lo stesso Tribunale del Riesame, a suo tempo, non affermava affatto che tutto era stato regolare e legittimo, confermando, invece, sia la violazione della distanza dai corsi d’acqua, sia la mancanza della valutazione di compatibilità idraulica che veniva degradata a violazione amministrativa perché normata da semplici delibere di Giunta regionale, trascurando però che la legge regionale veneta ossia la numero 12 del 2009 l’aveva resa vincolante».

LE BORDATE DELL'AVVOCATO
Le bordate degli ambientalisti trovano sponda tra l'altro nelle parole del loro legale, ovvero l'avvocato Marco Mirabile del foro di Verona, il quale, nell'atto di opposizione alla richiesta di archiviazione, mette letteralmente in croce l'operato del pm: «... i motivi di ricorso presentati dal pubblico ministero procedente non esauriscono le tematiche relative alla presente vicenda ed anzi, in alcuni casi, tali tematiche vengono affrontate da prospettive fuorvianti». E ancora Mirabile nella istanza di opposizione proposta peraltro ancora il 20 luglio 2019 affonda ancor più il colpo. E lo fa quando spiega che «anche i capi di incolpazione appaiono formulati in modo parziale, laddove è lo stesso Tribunale del riesame di Vicenza, richiamato dalla stessa Cassazione, che, nell'escludere... il reato di lottizzazione abusiva in relazione all'aspetto del mancato rispetto delle distanze dai corsi d'acqua... afferma che tale violazione ... porterebbe a configurare il reato» di specie «per alcune porzioni del fabbricato...».

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